Pediculofobia: quando i pidocchi
condizionano la nostra vita
“Pediculofobia” è un termine ai più sconosciuto. Non sono in molti a trattare con leggerezza l’argomento “pidocchi”, il quale risulta ancora sintomo di vergogna e di giudizio sociale. La paura dei pidocchi è invece una realtà concreta che negli ultimi anni ha registrato un’impennata verso l’alto a seguito di alcune scoperte scientifiche.
Nel 2015 una ricerca condotta dal ricercatore dell’ Università dell’Illinois, Kyong Yoon, evidenziò alcuni cambiamenti genetici, che hanno interessato i pidocchi negli ultimi decenni. I parassiti ematofagi si erano trasformati in “superpidocchi”. Su 109 specie analizzate ben 104 avevano subito mutazioni genetiche, che permettono ai parassiti di resistere ai classici prodotti chimici a base di permetrina e malathion.
Insomma è la storia dell’evoluzione darwiniana: a forza di essere sottoposti a trattamenti a base di pesticidi, i pidocchi si sono adeguati al contesto sviluppando una resistenza a queste sostanze.
La soluzione? La risposta non è certamente produrre nuovi composti chimici in grado di eliminare il parassita, ma potenzialmente dannosi per la salute umana. “Se si continua con l’utilizzo di prodotti di natura chimica ad oltranza – afferma lo stesso Yoon – queste piccole creature svilupperanno nuove resistenze. Dobbiamo pensarci bene prima di utilizzare un nuovo trattamento chimico”.
Con uno scenario del genere è facile immaginare che la pediculofobia possa proliferare velocemente. Inoltre l’Italia è un paese in cui l’informazione sulla prevenzione e sui trattamenti della pediculosi è ancora molto carente. L’analisi scientifica è spesso sovrastata da credenze popolari e luoghi comuni. La pediculofobia è poco conosciuta. Vale la pena dedicare la nostra attenzione alla paura dei pidocchi?
Parlare di pediculofobia
La pediculofobia, lo dice la parola stessa, va trattata alla stregua di qualunque altra fobia. La tendenza a declassificarla proviene proprio dalla mancanza di comunicazione sulla problematica.
Dal punto di vista sintomatico, la paura dei pidocchi presenta le caratteristiche di qualunque altra fobia: stati di ansia, senso di nausea, vertigini, respiro corto e nelle forme più acute attacchi di panico.
Un soggetto affetto da tale ossessione sviluppa comportamenti orientati all’evitare situazioni in cui ci sia la possibilità di venire a contatto con i tanto temuti pidocchi. Ciò è certamente un limite per il naturale andamento della vita quotidiana. La fobia impedisce a chi ne è affetto, di frequentare determinati luoghi e a partecipare ad occasioni di socialità, a causa di determinate convinzioni che spesso fuoriescono dal campo del razionale.
La pediculofobia ha solitamente origine da un evento traumatico. Contrarre i pidocchi non determina solo delle ricadute a livello medico, ma soprattutto a livello sociale. Si scatena nell’infetto un sentimento di vergogna, il quale viene amplificato se il soggetto fa parte di un contesto in cui la pediculosi non viene compresa, ma diventa oggetto di scherno.
Provate ad immaginare le ripercussioni su un bambino isolato e “bullizzato” dai compagni di classe a causa dei pidocchi. Non è esagerato affermare che determinati atteggiamenti possano compromettere il normale sviluppo della propria personalità e della propria autostima.
Gli strascichi di certe situazioni lasciano segni duraturi sul bambino. Il successo di un trattamento contro i pidocchi libera il soggetto dall’infestazione, ma non dal trauma emotivo.
Sicuramente alla base dello sviluppo della fobia c’è un problema culturale, dato dalla mancanza di conoscenza in merito alla pediculosi. Come agire però quando la pediculofobia è ormai una realtà?
Qualche spunto dall’esperienza americana sulla pediculofobia
Oltreoceano la problematica desta particolare attenzione. Le epidemie di pidocchi sul suolo americano sono molto frequenti, ed ogni anno colpiscono milioni di bambini. Oltre ad aver avviato prolifici business con la creazione ad hoc di centri specializzati nel trattamento dei pidocchi, gli americani hanno dato vita a vere e proprie cliniche dedite alla cura della paura per i pidocchi. Una delle più famose è la Lice Phobia Clinic.
I trattamenti americani contro la pediculofobia partono da un principio : “Sei l’unica persona in grado di aiutare se stesso!”. Per questa ragione non propongono una soluzione che includa la presenza di un terapista, ma puntano tutto sul “self-help” (auto aiuto).
Il fobico dei pidocchi viene sottoposto inizialmente ad un test per stabilire una gerarchia delle sue paure. In seguito gli esperti della clinica si occuperanno di sviluppare un programma (step by step), che il fobico potrà svolgere direttamente dalla propria abitazione. È una sorta di programma motivazionale volto a responsabilizzare il paziente, e ad affrontare autonomamente le proprie paure.
Il trattamento, che non prevede l’impiego di alcun farmaco psicotropo, dura all’incirca 28 giorni. Viene reclamizzata la sua massima efficienza, ma la veridicità scientifica del metodo è tutta da verificare. Inoltre viene pubblicizzato molto in stile televendita: un programma personalizzata a soli 140 dollari!
Un’alternativa dall’efficacia comprovata: la terapia cognitivo-comportamentale
In Italia non esistono centri a sostegno della pediculofobia come negli States. L’opzione migliore per combattere la paura dei pidocchi è rivolgersi ad un terapeuta.
La psicologia ha in comune con la pediculosi l’esser vittima di pregiudizi. Sono ancora molti a credere che rivolgersi ad uno psicologo, o meglio ad uno “strizzacervelli” , è sintomo di qualche malattia mentale. In realtà la terapia cognitivo-comportamentale risulta essere la metodologia migliore per curare qualunque tipo di fobia. Ad affermarlo non è solo il sottoscritto, ma comprovati test scientifici.
Le prime sperimentazioni risalgono agli anni ’50 e ’60 grazie agli studi condotti dagli psicanalisti Aaron T. Beck e Albert Ellis. Da buon eredi di Freud il loro obbiettivo era “rendere conscio l’inconscio”.
Al centro dei loro studi non c’era semplicemente il piano cognitivo, ma anche quello comportamentale ed emotivo. Non a caso la terapia si sviluppa tenendo ben in considerazione tutti e tre i livelli.
Durante una sessione terapeutica, il terapista tenta di attivare una serie di emozioni nel paziente, le quali diventeranno il veicolo per prendere consapevolezza delle proprie paure. Il fobico viene posto in maniera graduale davanti alle sue ansie attraverso particolari situazioni indotte dallo stesso terapista.
Il fulcro della terapia sta nella collaborazione tra psicoterapeuta e il soggetto problematico. A differenza della terapia classica, quella cognitivo-comportamentale non spinge il paziente ad emulare i comportamenti del terapeuta, ma la modifica di questi giunge proprio attraverso l’iterazione.
L’obiettivo non è banalmente modificare i comportamenti nei confronti della pediculofobia o di qualunque altra patologia, ma stravolgere completamente le modalità di pensiero che conducono a certi atteggiamenti.
Eliminare i pidocchi dalla propria testa è possibile. Non farsi condizionare la vita da pidocchi lo è altrettanto. È spesso una questione di cultura e conoscenza.